L’intervista a Mario Anacar dell’Associazione volontari della libertà

I racconti di Mario Anacar, presidente dell’associazione volontari della libertà Piemonte, si aggiungono alle interviste che il Polo del ‘900 sta dedicando alle associazioni partigiane e combattieristiche.
L’Associazione Volontari della Libertà, così come la Federazione Italiana Volontari della Libertà cui è federata, rappresenta l’area cattolica e autonoma del partigianato. Che cosa contraddistingue quest’area politica e culturale? Quale ruolo ebbe nel complesso contesto del dopoguerra?
I combattenti iniziali della Resistenza per lo più si coagularono dopo l’8 settembre attorno ad ufficiali decisi a difendere le nostre terre nell’attesa, ritenuta imminente, degli anglo-americani: con la loro preparazione ed esperienza militare costituirono le radici e le forze tecniche, oltre che morali, dell’intero partigianato. Il governo di Brindisi era divenuto co-belligerante degli alleati, e l’Italia del sud ospitava forze non trascurabili di terra, navali e aeronautiche. In questo scenario le formazioni poi contrassegnate come “Autonome” si considerarono l’ “Esercito italiano di liberazione nazionale”, ossia la parte dell’esercito italiano rimasta al di qua del fronte a combattere gli occupanti nazifascisti. La storia degli Autonomi potrebbe definirsi un susseguirsi costante di azioni e iniziative coraggiose realizzate con cura militare, di cui è indice il gran numero di caduti e medaglie al valore. In Piemonte e in tutto il nord Italia c’erano formazioni Autonome che lottavano con l’unità di fondo dei valori comuni senza aderire, in quei delicati frangenti, ad un partito. C’erano poi delle formazioni “sorelle” di orientamento esplicitamente cattolico, come p.es. le Divisioni “Alfredo Di Dio”, le “Brigate del Popolo”, le brigate “Fiamme Verdi”, le Divisioni Osoppo – Friuli, le “Brigate del Nord Emilia”, i “Patrioti Apuani”. Col supporto generoso ed eroico della gente dei paesi che, nonostante le rappresaglie, forniva soccorsi, aiuti ed informazioni, attorno ai nuclei di militari Autonomi e cattolici vennero progressivamente ad aggiungersi giovani delle più diverse categorie sociali (contadini, studenti, operai, insegnanti, professionisti, numerose donne) e di svariate provenienze territoriali. Questo variegato contesto si omogeneizzò al prezzo di sangue e sacrifici sullo sfondo etico comune dei valori umani, della solidarietà, e di un ideale democratico fondato sulla dignità. L’operato di queste formazioni fu coinvolgente nei territori in cui esse furono presenti, dando vita nelle popolazioni ad esperienze indimenticabili alimentate da simpatia e speranze, con la messa in pratica di uno spirito allargato di generosità e idealità civili.
Enrico Mattei, fondatore e guida dell’ENI, fu fra i fondatori dell’Associazione Partigiani Cristiani, dalla cui unione con altre associazioni partigiane di area cattolica nacque successivamente la FIVL. Mattei ha rappresentato un modello di uomo e partigiano che dedicò la sua vita – dopo la guerra – a creare le condizioni perché l’Italia potesse confrontarsi alla pari con gli altri paesi del mondo. Che cosa è rimasto dell’eredità di questi uomini fedeli alle istituzioni?
L’eredità consiste in primo luogo nelle attività fondate da questi grandi uomini che si sono sviluppate e son giunte fino a noi. Nei settori più svariati si possono trovare le tracce dei semi e delle buone radici che tanti di questi ex partigiani seppero piantare nel campo lavorativo, imprenditoriale, civile, intellettuale che la dittatura aveva mortificato, inaridito e svuotato di energie. Buona parte dei partigiani erano di estrazione umile e, tornati alle loro case, andarono a lavorare in fabbriche, uffici o nei campi. Ma nelle famiglie che essi formarono e nei figli che educarono e fecero studiare venne trasmesso il riferimento irrinunciabile al senso di onestà, giustizia e disponibilità al sacrificio che si erano forgiati nel periodo partigiano. L’ associazione madre F.I.V.L con la commemorazione di fatti e persone della Resistenza porta avanti e trasmette i contenuti del manifesto del 1948 che, richiamando le migliaia di figli del popolo italiano, ricordava a gran voce che gli ideali che li mossero non dovranno mai soccombere (v. il sito www.fivl.eu).
Essere partigiani significa aderire a una formazione armata irregolare che agisce in un territorio sotto occupazione nemica, per colpirlo con azioni di disturbo e guerriglia. Quale significato assunse questa parola per i partigiani cattolici? E come si manifestò nei diversi contesti territoriali della Resistenza?
Vedasi la risposta al punto 1, in particolare dove si parla di “Esercito italiano di liberazione nazionale”. Fin dall’inizio ci si preoccupò di limitare i rischi dell’ ”irregolarità” insiti nella natura volontaria della lotta. Per questo ove erano utili ed applicabili, nelle formazioni Autonome e simili si applicavano o ci si riferiva a codici, regolamenti ed usi dell’Esercito Italiano, p.es. in aspetti disciplinari, organizzativi, di addestramento, rapporti interni ed esterni, archivio di documenti ecc., fatta salva l’estrema difficoltà e spesso precarietà delle condizioni in cui si doveva operare, e della scarsezza dei mezzi disponibili.
Dopo la guerra, l’Italia fu attraversata dalle tensioni che contraddistinsero il periodo della Guerra Fredda e intraprese un lungo percorso di stabilizzazione politica che per certi aspetti sembra ancora lontano dall’essersi concluso. La storia della Resistenza ci dice che il presupposto per liberarsi è parteggiare, ovvero prendere parte. Oggi è ancora possibile?
Queste formazioni vennero da alcuni criticate come “apolitiche”. Invece al loro interno le idee politiche esistevano non meno che nelle formazioni “partitiche”, ma intendevano rivolgersi ai partiti solo a guerra finita. Pertanto piuttosto che partigiani “apolitici” sarebbe corretto dirli “apartitici” durante la Resistenza. Quanto al periodo postbellico, emerse in generale una convergenza con la visione del Federalismo Europeo per la concordia e collaborazione tra i popoli. Nel nostro paese, conformemente alla posizione dei partiti non comunisti, si alzava esplicita la disapprovazione delle mire, pressioni e strumentalizzazioni provenienti dall’ Unione Sovietica di Stalin, e l’adesione all’alleanza delle democrazie occidentali. Sotto il profilo storico-culturale, segnaliamo che il periodico “Autonomi” [1956 – 2006] ha registrato testimonianze preziose degli eventi della lotta partigiana, scritte dai protagonisti diretti, e del periodo successivo. Molte sue pagine drammatiche sulla guerra mostrano come a fronte di barbarie mai viste si opposero atti sublimi di dignità e valore, esempi supremi per le generazioni e gli uomini di ogni tempo.